SOMALIA 23/4/2007 11.27
MOGADISCIO: COMBATTIMENTI…TESTIMONIANZE DAGLI OSPEDALI-2
“Siamo stracolmi di feriti, abbiamo dovuto allestire un decina di tende nel giardino perché in ospedale avevamo finito il posto anche nei corridoi. Ma adesso anche il giardino è pieno di gente. Secondo gli ultimi rilevamenti abbiamo ricoverato almeno 185 feriti, ma solo più tardi avremo una cifra esatta, dal momento che il flusso di persone è continuo e costante”: lo ha detto alla MISNA Ali Mohalim Mohamed, vice-direttore dell’ospedale Medina, uno dei principali di Mogadiscio, situato nella zona sud della città e per questo meno interessato dai violenti combattimenti in corso nella zona nord. Impossibile per ora stilare un bilancio certo delle vittime dei combattimenti, che proseguono incessantemente da cinque giorni. “Qui le radio parlano di una sessantina di morti e i feriti si contano a centinaia, almeno 400” dice il vice-direttore del Medina, che giudica eccessivo il bilancio di 230 morti in circolazione sulla stampa internazionale. “Sulla base anche delle informazioni avute dagli altri ospedali – aggiunge - mi sembra un numero un po’ alto, anche se, effettivamente, ci sono zone considerate off-limits a causa degli scontri dove potrebbe essere accaduto di tutto”. Il responsabile del Medina torna poi a parlare dei feriti: “stiamo cercando di fare tutto il possibile, per fortuna abbiamo ricevuto nei giorni scorsi (quando i combattimenti erano calati d’intensità, ndr) molto materiale dal Comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc) e c’è una fila costante di uomini che vengono a donare il sangue” dice Mohamed alla MISNA, precisando che la maggior parte dei feriti è composta da civili colpiti durante i bombardamenti. Se i principali ospedali cittadini, il Medina e il Keysaney possono contare sull’aiuto della Croce Rossa, la situazione è molto grave nei piccoli ospedali privati che sorgono in altri punti della città. In un appello ai media locali, alcune di queste strutture (quelle che hanno scelto di restare aperte e accogliere feriti di guerra) hanno chiesto l’invio urgente di medicinali e di sangue, sottolineando come molti feriti stiano morendo per l’impossibilità di ricevere cure. Alcuni ospedali sono stati poi colpiti dai combattimenti, come l’Ali Hassan, che sorge nell’area nord vicino all’ex-pastificio di epoca italiana, distrutto da un bombardamento etiope. Ma oltre all’emergenza sanitaria, prosegue anche quella umanitaria con un numero imprecisato di persone che continua a fuggire, sommandosi agli oltre 320.000 civili che negli ultimi 3 mesi hanno lasciato Mogadiscio a causa delle violenze. “La strada che conduce nord, quella che conduce a Balad e a Jowhar, è ancora aperta e gli abitanti dei quartieri settentrionali (quelli maggiormente investiti dalla violenza e dalla potenza di fuoco etiope, ndr) stanno scappando in quella direzione” dice alla MISNA l’operatore umanitario di una piccola organizzazione non governativa somala, aggiungendo che sono molti i civili bloccati dai combattimenti.[MZ]
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