023
indice
025

 

Prescrivo cibo; non occorrono farmaci ricostituenti. Con le sopraggiunte piogge torrenziali, le mandrie sopravvissute alla siccità, sono ora lontano nei pascoli, ove si sono formate ampie pozze di acqua un pò ovunque, consentendo così lo sfruttamento della savana. Nel villaggio, rimasto sprovvisto di bestiame, non è ancora giunto a maturazione il mais, riseminato dopo che le prime piogge, con il loro impeto, avevano disperso la prima semina appena fatta. Così, la fame prende il posto della normale ipoalimentazione, e si fa sentire colpendo per primi i più poveri e i più deboli. Lo “standard food” è la mia prescrizione medica di risposta. Si tratta di una piccola “spesa standard”, calcolata sufficiente per due settimane che, a prezzo pre-concordato di 1.580 scellini (25euro), pago, a distribuzione avvenuta, a chi dei commercianti locali mi ritorna la “ricetta” che ho rilasciato. Lo “standard food” è divenuto parte del nostro prontuario farmaceutico ed è, tra i farmaci essenziali, quello che viene maggiormente utilizzato. Poi abbiamo messo in dotazione anche il cibo “per integrare”, che, a parità di costo, è sufficiente per il sostentamento di una famiglia per circa un mese. Il primo, come un farmaco, riintegra le carenze; il secondo aiuta a riempire un pò lo stomaco. La scarsa distribuzione del granturco, da parte delle organizzazioni internazionali, che comparivano sulla scena quasi mensilmente durante la siccità, è cessato. Hanno smontato anche i silos di raccolta. installati a Moyale. Con le piogge, per le organizzazioni internazionali, la siccità è finita e quindi anche l’emergenza. Sembra non importare che quella che viene considerata la situazione normale, nella realtà è uno stato emergenza cronica.

I Borana, con lo stomaco vuoto, con la decimazione del bestiame subita, vedono passare i lunghi convogli dei camions bianchi, dalle enormi croci rosse dipinte sopra, che sanno essere pieni di cibo, diretti a combattere la fame a pochi km oltre il confine in Etiopia. Non importa se la situazione di quella gente è la loro stessa situazione. Loro sono in Kenya e due km dopo si è in Etiopia. Lì sono in tanti e di loro il mondo si è ricordato. Non c’è ne rabbia ne invidia. Pensano semplicemente che quelli stiano peggio di loro. I Borana del Kenya, con dignità e senza ostentazione, quasi di nascosto, continuano a seppellire ogni giorno i loro morti.


023
indice
025