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Un sorriso ed un grazie possono bastare per dirti che il tuo agire non è inutile proprio quando potrebbe sembrarti tale. I filmati proiettati questa sera, sembra proprio che siano piaciuti molto. C'era tanto pubblico e di tutte le età. Tra questi vi era un piccolo volto di circa sette anni, serio e composto che mi ha chiamato con delicatezza e cortese insistenza: “Pino … Pino …”. Io stavo montando le apparecchiature per iniziare e la mia mente era altrove. Quel richiamo cortesemente insistente; quel volto serio da Gesù Bambino; quel piccolo ometto nei suoi poveri stracci che gli fanno da vestito e nei quali il suo corpicino troverà posto sicuramente ancora per numerosi anni, data l’abbondaza della taglia, mi ha magneticamente attratto. Interrompendo il lavoro l’ho guardato con un silenzio interrogativo. E’ allora che, con un radioso sorriso mi ha ripetuto: “Pino”, aggiungendo: “grazie”. “Non c’è di che” ho bisbigliato e, mentre lui si perdeva tra la folla, domandavo a me stesso perché mai mi si ringraziasse. Si, certo, la serata di proiezione precedente non era stata un gran che con i suoi contenuti mal selezionati: troppe chiacchiere e poca azione. Proprio per questo mi era sembrato giusto ripetere la presenza in quel villaggio già il giorno successivo. La sera prima lasciandoli avevo avvertito in aria una sorta di delusione che nessuno osava esprimermi per timore di offendere. Da considerare anche che, per via delle piogge che avevano reso impraticabili le piste, in quel villaggio mancavo da un pò di tempo con il cinema. La serata di ieri, tanto attesa, decisamente non era stata brillante ed il mio tornare era una sorta di richiesta di scuse.

Eppure quel visino mi sembrava troppo giovane per poter avere fatto simili considerazioni per arrivare a porgermi quel dolce grazie. Lasciai perdere quei ragionamenti ed andai avanti con il mio lavoro della serata. Alla fine, mentre la folla si allontanava, ecco ricomparire come dal nulla quella vocina e quel visetto ancor più sorridente ed ancora per una volta le stesse insistenti parole di prima ripetute con maggior calore. Poi, ancora via, scomparendo nella polvere sollevata da tutta quella gente che si allontanava. Solo il tempo di pensare tra me: "grazie a te“.

Quel piccolo povero, dignitoso e sorridente mi ha già strapagato anche per il mio futuro lavoro. Ricordandolo, non conosco neppure il suo nome. Quel “grazie”, che mi accompagna nei momenti di stanchezza, vorrei poterglielo dire ancora io. La sera successiva, in un altro villaggio, all’improvviso la folla si è come spezzata dividendosi vociante a disegnare un grande cerchio vuoto. Al centro di questo, c’era un piccolo serpente che, mi dicono, sia particolarmente velenoso ... non ha morso.


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