| AFRICA 28/11/2007 | 
BIOCARBURANTI: 
        CONFERENZA INTERNAZIONALE A OUAGADOUOGU   | 
  
Sviluppare i biocarburanti 
        ma ‘limitare i danni’ sulla sicurezza alimentare e la protezione 
        dell’ambiente : è l’obiettivo dei paesi africani 
        presentato ieri a Ouagadougou da Abdoulaye Abdoulkader Cissé, ministro 
        dell’Energia del Burkina Faso, in apertura della conferenza internazionale 
        su “Sfide e prospettive dei biocarburanti in Africa”, 
        che durerà tre giorni. Lo sviluppo dei carburanti di origine agricola 
        ha fatto nascere tante speranze negli ultimi anni visto che rappresenta 
        un’ eventuale concreta alternativa alle fonti tradizionali di energia, 
        come petrolio e gas; non popche sono però le riserve di chi denuncia 
        – come il presidente cubano Fidel Castro – il paradosso di 
        servirsi dell’agricoltura per scopi diversi dalla produzione di 
        cibo. L’ambasciatore francese Francio Golblatt, intervenuto alla 
        conferenza, ha sottolineato che se i governi africani si occuperanno davvero 
        ai biocarburanti, sarà necessario “trovare soluzioni con 
        dirigenti ed esperti del continente alle questioni energetiche, ambientali 
        e sociali legale alla sicurezza alimentare”. Nel nord del Burkina 
        Faso si sta in realtà già sviluppando un progetto di coltura 
        industriale di ‘jatropha curcas’, un arbusto alto circa 3 
        metri, anche chiamato ‘pourghère’ in francese, dal 
        quale si possono trarre diversi prodotti, tra cui carburante, sapone, 
        insetticida o concime organico. In una riflessione intitolata “Agro-carburanti: 
        fortuna o sfortuna per i contadini burkinabe”, padre Maurice 
        Oudet, missionario dei Padri Bianchi, esprime le sue riserve sulla mancanza 
        di informazioni chiare attorno all’applicazione di tale piano; in 
        cambio dell’impegno a dedicare alcuni ettari alla coltivazione di 
        ‘jatropha curcas’, gli agricoltori ricevono gratuitamente 
        i semi e stanno gradualmente sostituendo campi di mais o cotone, senza 
        garanzie sui risultati della nuova coltura, né sui prezzi di vendita 
        del ‘raccolto’, con il rischio a lungo termine di ritrovarsi 
        ridotti a semplici operai agricoli al servizio degli investitori.   | 
  
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