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Partiamo dal dato di fatto che i nostri collaboratori locali sicuramente non rubano e certo si impegnano, a modo loro, nel loro lavoro ... Basta vedere i conti che quadrano perfettamente con totali di spese; inferiori alle medie degli altri … ed i risultati raggiunti sono oggettivamente lì da vedersi.
Eppure, eppure … qualcosa di culturalmente diverso tra loro e noi c’è … e a me sembra manchi ancora qualcosa, forse un pizzico di lievito diverso, che trasformi il loro operato da mestiere (mera ripetitiva esecuzione di compiti ben definiti = recitare secondo immutabile copione, seppur ben fatto) a professione (agire con responsabilità alla luce del sapere e delle esperienze che si vanno maturando = recitare a soggetto; all’impronta, inserendo la ragione alla luce del cuore)


Se mi pagano per innaffiare le piante, per avere la retribuzione, bagnerò le piante anche sotto la pioggia battente. L’oggetto del pagamento è l’azione fatta a prescindere dal risultato. Forse questo è un genetico retaggio del colonialismo. Bisogna riuscire a fare capire che la retribuzione è legata non all’azione ma al grado di assunzione di responsabilità decisionale nelle azioni per ottenere un risultato condiviso e concordato. Per es. il benessere della pianta che risulta essere stata innaffiata solo quando gli era utile.

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